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Tutta colpa di Terence Hill. No, scherzo. Però, detto alla rovescia, è proprio così. Sì perché ero scettico, indeciso se accettare una serie televisiva come questa. Tra i motivi c'era quello di essere arrivato tardi: avevo sì lanciato l'idea un anno prima ma poi avevo abbandonato il progetto per fare altre cose. Mi ritorna indietro come un boomerang proprio per "colpa" di Terence Hill. Le sceneggiature sono già scritte o quasi e io che sono, prima di tutto, uno sceneggiatore, mi sento a disagio. Ma Terence Hill insiste, vuole me. Il produttore, Alessandro Jacchia, minaccia di sgarettarmi se non faccio la serie: mi invita a cena perché io incontri Terence. Lo incontro, parliamo, nasce una vaga intesa. Ma io, senza dirlo, sono ancora indeciso. Si mangia, quella sera, e si beve. Forse beviamo un po' troppo e così succede che quando lasciamo la casa del produttore siamo un po' alticci. Molto alticci. Attraversiamo via dell'Anima e veniamo a fermarci davanti alla statua del Pasquino. Lì tocca dirla tutta. Sono brillo ed è più facile. Così gliela sparo, gli dico:" Faccio la serie con Terence Hill se Terence Hill non fa Terence Hill ma si affida a me come attore ... e non come star". E lui mi dice che vuole fare l'attore, che vuole me come regista perché sa che amo gli attori e che voglio il meglio da loro. Così lui mi incastra ed io accetto. E ora sono contento perché sono riuscito a fare quello che volevo. Sono soddisfatto, mi piace quello che ho fatto. Poi, se piacerà anche agli altri, tanto meglio. Sennò, ciccia. Ma quello che ci siamo detti quella sera io e Terence, davanti alla statua del Pasquino, s'è avverato. Terence è un attore, un bravo attore. E, se posso, ve la butto lì: è anche un grande uomo. Lo ringrazio, insieme a Jacchia. Ne valeva la pena.